di Arianna Beretta
Can you see me? All of me? Probably not. No one ever really has. [1]
Insieme a Milena abbiamo pensato a lungo sul titolo della sua mostra personale a Milano, presso Circoloquadro. Spesso abusato, in questo caso l’inglese si è rilevato perfetto nella sua assenza di maschile e femminile proprio perché il lavoro di Milena Sgambato è senza genere.
Le sue tele mostrano certamente ragazze e donne – lo saranno poi davvero? – ma l’artista non sta parlando di donne e di femminilità, non sta trattando in nessun modo la questione femminile. È necessario leggere i suoi lavori cercando di andare oltre una semplicista lettura iconografica.
Another me, un altro me o un’altra me?
Poco importa saperlo. I lavori di Sgambato parlano a ognuno di noi, a prescindere dalla nostra identità sessuale e di genere. Quello che le interessa è la persona tout court. Certamente Milena gioca sul filo dell’ambiguità e del sogno – e non per nulla mi racconta che tra i suoi registi preferisti ci sono David Lynch e Stanley Kubrick – per raccontare il cambiamento e la metamorfosi dell’umanità.
Le giovani donne che popolano i suoi quadri vivono una solitudine sottolineata da un fondo neutro o, in alcuni casi, da ambientazioni che potrebbe appartenere a qualunque luogo o a nessun luogo. L’artista cancella il contesto per concentrarsi unicamente sulla figura umana che sembra essere immersa in chissà quali pensieri. Queste figure sono lontane da noi, ripiegate su se stesse oppure intente ad ascoltare musica o a guardare un punto distante, al di fuori della tela dove non possiamo arrivare. In modo ostinato a volte ci voltano le spalle, non vogliono mostrarsi o, se lo fanno, non ci permettono di guardare il loro viso e i loro tratti; altre volte si toccano, come in On-Off 5, a chiedersi “Sono io? Sono così?”. Un gesto che mi ricorda fortemente quello che compie Oscar Kokoscka nel suo autoritratto del 1918/1919: qui l’artista porta la mano sul volto e si tocca quasi a chiedersi “Ma sono io questo?”.
Domande senza tempo che ci sollecitano continuamente. Identità, personalità, cambiamento, sono questi i temi intorno a cui ruota la ricerca di Milena Sgambato. Che riesce a permeare i suoi lavori di una sottile sensualità che fa leva su certe ambiguità che l’artista dosa in modo sapiente. Giovani donne e ragazzine nascondono i loro caratteri sessuali, confusi da una pittura che misura con attenzione colori, ombre e tagli per sottolineare quel senso di confine. Sembrano vivere in una dimensione tutta loro, privata e sognante.
La pittura di Milena chiede di essere guardata con occhi sgombri da pregiudizi e da certezze ferme e immutabili; le persone dei suoi quadri vogliono essere viste con empatia ed emotività e solo allora potremo iniziare a dialogare con loro e a riconoscere in loro le nostre domande e la nostra perenne e continua metamorfosi.
We’re all made up of many parts, other halves. Not just me. [2]
[1] Jeffrey Eugenides, Middlesex, 2002
[2] Ibidem
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Milena Sgambato | Another me