Michael Rotondi | M.R.

di Arianna Beretta

Quando trattiamo l’arte come cosa sacrosanta, ovviamente vogliamo alludere al tempio, e a nessun’altra cosa; là dentro l’artista si trova per forza solo, con il proprio genio. Ma nell’atrio non bisogna lasciarlo solo. Eppure siamo soliti lascialo solo anche lì, perché erroneamente conferiamo all’ingresso, per estensione, la stessa venerazione che spetta al santuario.
Edgar Wind, Arte e anarchia, Adelphi Edizioni, Milano, 1968

Comunità e dialogo tornano spesso nella “intro” di Michael Rotondi. La comunanza di vedute, il forte desiderio di unione e di alleanza tra artisti e coloro che amano l’arte hanno reso molto facile la decisione di ospitare Sto* disegnando!!! a Circoloquadro.

Cosa urla Michael con la sua affermazione così perentoria? La voglia di tornare a una comunità di artisti che si confrontano, che dialogano per crescere e per affrontare il quotidiano. Sono lontani gli anni, se non i secoli, in cui pittori e scultori avevano la fortuna di lavorare fianco a fianco e l’obbligo di confrontarsi direttamente con il proprio pubblico. Oggi l’artista viene lasciato solo nel suo percorso di creazione e il pericolo di un lavoro sterile e povero di significato è sempre in agguato. Certo non mancano tra artisti le occasioni di incontro, che si risolvono però quasi sempre in un veloce scambio di idee durante inaugurazioni o “eventi importanti”; ciò che serve è una comunità che si incontra sul terreno del fare.

Michael Rotondi evoca l’atmosfera delle fanzine degli anni ’80/90: cantine, musica punk, disegno, gesto veloce, ciclostile in azione, fervore e voglia di comunicare se stessi e gli altri. Non è, la sua, un’operazione nostalgica: egli ha pienamente coscienza di respirare un’aria completamente diversa ed è consapevole di vivere in un’epoca pericolosamente virtuale. Ma vuole recuperare quell’energia, quel lavoro comune che libera la fantasia e la voglia di stare insieme.

E la liberazione dell’energia avviene attraverso il mezzo di espressione più semplice e primitivo, il disegno che, immediatamente comprensibile, qui diventa schizzo, fumetto, collage. L’insieme dei lavori che ruotano intorno al nucleo che ha dato il via al progetto, l’opera di Michael, ha un suo ritmo e una sua vita. Come nei pezzi musicali tanto amati dall’artista, qui ritroviamo il ritmo dei bassi, gli schianti dei piatti e gli assolo acuti delle chitarre punk. È musica ed è viva.

Il risultato non si riduce ad una vetrina di bei lavori, esteticamente gradevoli. Ognuno degli artisti fornisce una sua rappresentazione e interpretazione della realtà. È un grande affresco corale del nostro tempo, delle nostre paure, dei nostri incubi ma anche dei ricordi, dell’infanzia e delle domande che ci poniamo ogni giorno.

Nato nel 2009, il progetto è cresciuto, come sono aumentati gli artisti che si sono uniti a lui, segno evidente che la necessità di comunità è reale e che, visti gli eccellenti risultati, è necessaria e vitale. Intorno al disegno di Michael si sono addensati lavori su lavori: una accumulazione ben evidente nel loro allestimento del tutto casuale che riporta agli ex voto e alla tradizione popolare tanto amata da Rotondi. Qui non c’è nessun dono per alcuna divinità, ma un desiderio che questa esperienza, questa avventura non finisca.

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